Scheggia - M.Picognola - S.Bartolomeo - S.Margherita - Monticella - M.Cerrone - Parrocchia di Salia - Torrente Certano - Casale - Pian dei Santi - Bosco di Tecchie - Col del Fico - Serra Maggio - S.Rocco - Palazzo - M.Petria - Pian di Serra - La Pezza - Ponte Calcara - Scheggia.
Località di partenza: Scheggia (Cimitero)
Lunghezza: 78,1 km
Dislivello totale: 2171 m
Quota massima: 1027 m
Tempo totale: 9 ore
Grado di difficoltà: molto impegnativo
Cartografia: Kompass n. 675 "Sentiero E1" 1:50000 Kompass n. 664 "Gubbio-Fabriano" 1:50000 Quadranti 1:25000 CTR-IGM 116 III - IV
Sembra che alcuni secoli fa ci furono dei seri motivi (pestilenza, lotta politica, operazione di "polizia", chissà?) che costrinsero ad emigrare diversi abitanti della laguna di Venezia e in particolare di Burano. Pare che tali "fuoriusciti" siano alfine arrivati proprio in queste zone dimenticate da Dio, costituendo insediamenti stabili, lasciando segni e testimonianze. Molti sostengono infatti che "Burano", "buranese", derivi proprio da questa antica colonizzazione veneta. Stessa derivazione anche per i tantissimi toponimi che possono essere interpretati come una composizione o una contrazione di parole di origine veneziana: "Caibelli" (Ca' dei Belli), "Caiserra" (Ca' della Serra), "Caibaldini" (Ca' dei Baldini), e così via per centinaia di casi, tutti controllabili nelle carte topografiche.
Tuttavia ho qualche dubbio che tutto questo sia vero (perché non ci sono altri "residui", per esempio nelle forme architettoniche e nelle inflessioni dialettali?) e penso piuttosto che l'etimologia della parola "Burano" possa anche derivare dalla composizione del termine di origine latina "anus" (territorio con proprietario) con l'altro, di origine incerta ma sicuramente in parte latina, "burino" (lavoratore della terra); da cui "Burano" cioè "Terra dei Burini" (sto scherzando, ma solo in parte).
Il territorio, vastissimo, impervio, spopolato (al solito), è caratterizzato da lunghe ed affilate catene di montagne argillose ed arenacee (Le Serre, appunto), coperte di boschi e fitta macchia. Si allungano in direzione Nord Ovest - Sud Est, formando una delle catene parallele all'Appennino calcareo. Le parti più elevate raggiungono appena i 1000 m di quota. Il paesaggio regala ampi spazi e l'opportunità di immergersi totalmente in un rapporto intimo con l'ambiente naturale, ancora simile alle sue condizioni originarie.
Una curiosità. La partenza dell'itinerario avviene dal Cimitero di Scheggia, il quale si trova in una posizione geografica di eccezione: è uno dei vertici dell'Appennino! Mi spiego meglio: se tracciassi la linea dello spartiacque tirreno/adriatico dall'Aspromonte al Col di Tenda il punto con quota s.l.m. minore corrisponderebbe proprio al Valico del Cimitero di Scheggia. Il che vuol dire che questo è il passo che ti permette di collegare più facilmente i due versanti d'Italia. E lo sapevano bene anche gli antichi romani che proprio qui fecero passare la loro prima strada di collegamento con l'Adriatico (sia la prima arteria che discese la Valle del Sentino, sia quella successiva, la "Flaminia", che discese più a nord lungo la Valle del Burano).
Parcheggiata l'auto sotto gli ombrosi alberi che precedono il Cimitero (583 - 0,0), si prende a pedalare per la "Flaminia" (SS 3) in direzione Nord, cioè verso il vicino abitato di Scheggia. All'inizio del paese evitare la SS 360 che, a destra, porta a Sassoferrato e Senigallia. Dopo il Consorzio Agrario (584 - 0,6) si lascia la Flaminia e si devia a sinistra per la SS 298 (direzione "Gubbio"). Seguiremo questa bella asfaltata per oltre tre chilometri e mezzo, in leggera salita.
Alle coordinate (637 - 4,2), dopo aver superato di pochi metri la piccola chiesa di S.Angelo, si abbandona la Statale: pieghiamo a destra su una bella sterrata che sale verso il M.Picognola (Sentiero E1 con segni rossi/bianchi; ma attenzione perché ha una numerazione variabile, contraddittoria e ad un certo punto scompare del tutto). La sterrata è evidentissima e le diverse deviazioni da evitare portano tutte a fattorie o fondi chiusi. Man mano che si guadagna quota s'apre sempre più il dolce paesaggio dell'Alta Valle del Chiascio, che contrasta con l'asprezza del Massiccio del Monte Cucco e del Catria. Lo sterrato è scorrevole e la salita abbordabile. In poco tempo si è sul valico presso la vecchia caratteristica stazione di posta ((806 - 6,9). Scendiamo veloci sulla Valle della Contessa, dove ci immettiamo (470 - 12,4) nella SS 452 (unisce Pontericcioli sulla Flaminia a Gubbio). Attenzione perché il Sentiero E1 nella parte finale della discesa non segue lo stesso itinerario.
Una volta raggiunta la Strada della Contessa, si piega a sinistra (verso Gubbio); ma fatti appena 30 m si devia di nuovo a destra per una strada asfaltata (SP) con indicazione "S.Bartolomeo". Attraversato un gruppo di abitazioni, ignorato un primo ponte che attraversa il Burano, si arriva a ridosso di una casa (sulla destra, con fontana) e di una biforcazione (500 - 13,3): abbandoniamo la SP (prosegue diritta verso Caibelli) e giriamo ad angolo retto a sinistra su una sterrata che attraversa il Burano su un ponticello.
Immediatamente dopo il ponticello si gira a destra ad angolo retto per imboccare una nuova sterrata che sale a ridosso delle chiare acque del Burano (ne seguiremo la valle per un paio di chilometri, più a meno in quota). Dopo vari saliscendi, anche ripidi (facilissimo individuare le deviazioni senza sbocco), contornati da belle forme erosive nella "scaglia cinerea" (tipica formazione geologica dell'Appennino umbro marchigiano), si arriva a superare con un ponticello un affluente del Burano (532 - 15,2): da qui la salita si fa veramente ripida e continua. Lasciamo dietro casolari e canoniche abbandonate; fra le macchie irte di spini affiorano le cineree argille; la sensazione è di grande aridità.
Dopo un'ultima salita si raggiunge una sella dove la maestra fa una netta curva a destra (789 - 20,4). Ma all'esterno (a sinistra) partono ben quattro deviazioni secondarie, tutte da evitare. Segue un valico e un bivio (795 - 20,8) (qui inizia il tratto coincidente con l'itinerario n. 7): si continua diritti in discesa . Continuiamo con andamento ondulato fino ad immetterci sulla SP (sterrata) che unisce Mocaiana a Caicambiucci (787 - 22,7).
Il largo sterrato deve essere imboccato a destra, seguendo l'indicazione "S.Maria di Burano" (attenzione perché, sempre a destra, c'è anche un'altra deviazione sterrata che sale, e finisce, alla Madonna del Carmine). Lo stradone prosegue sulla cresta dei colli con andamento variabile. Alle coordinate (792 - 24,3) evitare tanto la deviazione di destra quanto quella di sinistra (Loreto, Mocaiana).
Poi un bivio importante (820 - 25,8): la SP prosegue con una curva a destra, ma noi puntiamo diritti in salita per una carrareccia f.a. indicata con "Salia" e, poco più avanti, da un vecchio cartello dell'ASFD (Azienda Statale Foreste Demaniali).
Si va in leggera salita poi in discesa marcata, fra boschi e rimboschimenti. La strada maestra è chiarissima (eventualmente fate riferimento alla planimetria) e molto scorrevole. In un batter d'occhio eccoci al bivio che precede la sconsolata Parrocchia di Salia (684 - 28,3).
Si abbandona lo sterrato principale, che prosegue diritto in discesa (poco più avanti una sorgente), per curvare, con uno stretto tornante a destra, su una nuova carrareccia f.a. (qualche decina di metri più avanti ci sono gli edifici abbandonati della Parrocchia). Continuiamo a scendere di quota fra boschi e campi incolti, fino ad oltrepassare con un ponticello il Fosso di Salia. Ora l'itinerario segue il fondovalle ed è pianeggiante o in leggera discesa. Via diritti al bivio di coordinate (548 - 30,8) (a sinistra Parrocchia di Morena). Superato un ponticello sul Fosso di Burano, ecco un altro bivio importante (523 - 31,6): evitiamo la sterrata a destra (Caibelli) e prendiamo invece quella di sinistra che porta ad una piccola rampa (immediatamente dopo si torna a scendere seguendo il fondovalle).
Bisogna fare attenzione al bivio di coordinate (492 - 33,7): evitiamo di piegare a sinistra in discesa (guado e poi prosecuzione per Casa Col del Cece e Morena) per proseguire invece a destra in netta salita. Di fronte a Case Lisciano ci immettiamo in una larga sterrata (566 - 34,6): è la SP che proviene da S.Bartolomeo.
Si prende a sinistra in leggera discesa, puntando veloci verso il fondovalle. Ignoriamo la deviazione a sinistra che sale a Morena (480 - 36,8) e poco dopo eccoci sulla SP (asfaltata) che unisce Pianello a Pietralunga (460 - 37,4). Sotto la strada scorrono le chiare acque del Certano (affluente del Burano). Ora la via giusta è a destra (direzione Pianello).
Ma non si ha nemmeno il tempo di gustare la veloce discesa nella bella vallata: dopo appena un chilometro, o poco più, si abbandona l'asfaltata per piegare a destra su una sterrata con indicazione "Casale" (432 - 38,6) (la coincidenza con la Traversata T1 inizia qui e prosegue fino a Ponte Calcara. La salita è ripida e continua, per fortuna all'ombra di un bosco (fontana alle coordinate: 590 - 40,3). Dopo Casale di Sotto (718 - 41,5) la salita è meno marcata e ci sono dei tratti in falsopiano. Fra le gocce di sudore gli occhi possono dominare la catena dell'Appennino, dal M.Nerone al Cucco, e oltre. I pochi bivi presenti non creano complicazioni e la maestra è sempre ben individuabile. Attraversiamo con una serpentina l'abitato di Caiburanesi (fontana) per poi proseguire in piano per poche centinaia di metri: la sterrata termina, dopo aver curvato a sinistra, nell'aia del disabitato Casale di Sopra. Ma proprio in corrispondenza di quest'ultima curva (756 - 43,2), dove c'è anche un piccolo tabernacolo in cemento, parte in leggera salita sulla destra una bella mulattiera con il fondo di roccia arenacea (poco fango, anche se piove). Questa è la prosecuzione dell'itinerario.
Il sentiero si mantiene più o meno sulla stessa quota, con il bosco a destra e campi incolti a sinistra (evitare i sentieri appena accennati che salgono nel bosco e scendono nei campi). Si pedala bene e con divertimento. Dobbiamo portare la bici in spalla solo quando c'è da attraversare il letto di un torrentello (760 - 43,7), oltre il quale la mulattiera piega bruscamente a sinistra. Passato un "cancello" ci immettiamo su una carrareccia f.a. (768 - 44,0) con davanti una bella casa disabitata (Casalvecchio).
Andiamo a destra, fra recinzioni di filo spinato. Non molto più avanti la carrareccia fa un'ampia curva a sinistra su una lunga sella (Pian dei Santi ), per poi iniziare a scendere verso Caimarini e Pianello. Ma il nostro itinerario segue un'altra strada, di non facile ritrovamento: ora è necessario fare molta attenzione ed attenersi alla descrizione che segue (magari aiutandosi con la segnaletica esistente rosso/gialla e la planimetria).
Giunti all'inizio di Pian dei Santi, di fronte al pannello che annuncia l'inizio del Parco del Bosco di Tecchie (787 - 44,8), si prosegue per poco meno di 100 m lungo la carrareccia sin qui seguita, fino ad arrivare al termine della sella (a destra e a sinistra campi incolti e pascoli). Qui, sulla destra, c'è uno spiazzo erboso (zona di carico del legname). Si entra nello spiazzo e, 10 m dopo, pieghiamo bruscamente a destra (tornante), su una traccia di tratturo nascosto dall'erba alta, discendendo il ripido ed accidentato pendio che guarda verso Sud Est. La traccia (solchi molto profondi) non deve essere abbandonata e si aggira, lasciandolo sulla sinistra, un gruppo di querce. Si piega appena appena a sinistra; attraversiamo un incisione con un po' d'acqua e tanto fango; raggiungiamo una specie di fontanella (di solito perenne) fatta con grossi tubi di cemento a mo' di vasche (728 - 45,4).
Qui c'è un bivio: a sinistra in leggera salita continua la traccia di tratturo puntando verso la vicina e disabitata Casa Tecchie; a destra un sentiero che scende serpeggiando fra i cespugli di rose canine a radi alberi. E' questa la nostra prosecuzione. Il sentiero è chiaro e non ci sono deviazioni. Tende a scendere, anche se ci sono alcune ripide contropendenze. La direzione è grossomodo Sud Sud Ovest. Il Fosso dei Cerreti, che scorre più in basso a destra, fa da confine fra i campi incolti e il boscoso versante orientale della Serra di Burano. Alle coordinate (688 - 45,9) il sentiero raggiunge e supera (con curva a destra) una piccola ma significativa incisione fluviale, marcata per la sua lunghezza da una fila di alberi, anche d'alto fusto.
Ora attenzione ! Dopo l'incisione il sentiero, ben evidente, prosegue quasi rettilineo per un centinaio di metri, per poi curvare a sinistra in salita ed entrare (e proseguire) in un bosco di querce: in corrispondenza della curva, all'esterno, c'è un grosso albero secco. Ebbene proprio qui, prima dell'albero secco (speriamo che si conservi a lungo), si abbandona il sentiero principale per piegare decisi a destra in forte discesa (avendo l'occhio allenato si può riconoscere la traccia di un vecchio sentiero). Scendiamo la ripida china verso il vicino Fosso dei Cerreti. In qualche modo, bici in spalla, si arriva sul greto del torrente (terreno viscido) per poi arrampicarci sulla riva opposta dove ci viene incontro un affluente. Il sentiero c'è ma non è facile da individuare. Una cinquantina di metri dopo il torrente siamo dentro un bel bosco di faggi, in una zona quasi pianeggiante: la traccia del sentiero è di nuovo ben visibile e si ritrovano perfino i segni rosso/gialli. Si deve proseguire a sinistra (Sud Est) in leggera discesa, badando bene a mantenerci alti sul greto, ma senza salire troppo (si percorre una specie di lungo terrazzo che domina la sponda destra del fosso). Procediamo fra cespugli di rovi, querce, meli selvatici, noccioli e piccoli prati; sulla nostra destra, nel bosco, c'è la vecchia mulattiera, ma è completamente chiusa dalla vegetazione. Invece più avanti è ancora aperta e possiamo seguirne il tracciato: si supera un'incisione con acqua (670 - 46,4) per poi piegare a sinistra verso un bel bosco d'alto fusto che attraversiamo in salita (sempre mulattiera evidente) fino a giungere ad un piccolo valico dove c'è una vecchia recinzione in filo spinato ed un pannello che annuncia la fine del Parco del Bosco di Tecchie (680 - 46,5).
Oltre la recinzione evitiamo di prendere la vecchia mulattiera (c'è rischio di "infrattarsi") e si piega piuttosto a sinistra scendendo verso campi incolti, dove bisogna orientarsi fra vari sentieri, ma mantenendo grossomodo la direzione Sud Sud Ovest (il sentiero principale non sempre è ben visibile). Senza salire né scendere si serpeggia fino ad arrivare in un bosco di querce, dove di nuovo ci è possibile seguire la vecchia mulattiera, larga e ben tracciata. Oltrepassiamo un'incisione con acqua (664 - 46,9). Ancora poche decine di metri e si abbandona la vecchia mulattiera, per piegare a sinistra sul sentiero che porta subito a dei campi incolti, invasi da cespugli di rovi. Siamo oramai in prossimità delle rovine di Casa Col del Fico; ora è sufficiente proseguire nella stessa direzione piegando leggermente e gradualmente verso destra in alto, fino a raggiungere il margine del bosco. Seguiamo questo limite e ben presto eccoci sopra quel che resta di C.Col del Fico. Ci sono parecchi sentieri ad andamento più o meno parallelo; comunque tutti portano a superare una cresta di arenaria giallastra (692 - 47,3) e a confluire in un tratturo molto evidente e pianeggiante: su questa via proseguiamo. Si supera una ennesima incisione con acqua, prendiamo il primo sentiero libero a destra in salita, per raggiungere una evidente carrareccia f.n. che scende ripida. A destra una piccola costruzione in cemento (acquedotto).
Seguiamo la nuova strada, naturalmente in discesa, guadiamo un'altra incisione con acqua, per poi proseguire facilmente e senza problemi di orientamento (l'acquedotto segue la carrareccia e noi seguiamo l'acquedotto). Infine il tratturo diventa una sterrata ben tenuta (642 - 48,4).
Ora è tutto più facile e per orientarsi basta consultare la planimetria e tenere presente quanto segue.
Dopo un valico c'è una forte discesa. Al fondo ci immettiamo su una bella sterrata (580 - 50,6): si va a destra in leggera salita (a sinistra S.Crescentino, Cantiano, SS 3). Raggiungiamo le bianche case di Casale alle coordinate (620 - 52,7): qui comincia l'asfalto.
Dopo 3,3 km di veloce discesa a tornanti usciamo dall'asfaltata principale (407 - 56,0) (prosegue verso Cantiano) per deviare a destra in salita, sempre su asfalto. Al bivio sul valico successivo (434 - 56,4) si prende a sinistra su asfalto che diventa presto sterrato. Dopo un ponticello e una contropendenza, si sbuca in una nuova asfaltata (399 - 57,3): si va a sinistra. Passato il Burano ecco che ci immettiamo sulla SS 3 "Flaminia" (il vecchio tracciato, ora superato dalla variante a scorrimento veloce), proprio in corrispondenza della chiesetta di S.Rocco (371 - 57,8). Risaliamo la Statale verso Sud (a destra) oltre la confluenza con la superstrada e fino al bivio di S.Pietro.
Qui c'è una biforcazione (402 - 71,9): lasciamo la Flaminia per girare a sinistra su una piccola strada asfaltata (indicazione "Palazzo"). La nuova via sale anche con decisione, supera prima l'abitato di S.Pietro e poi, dopo una serpentina, le case di Palazzo (la maestra è l'asfaltata). Dopo un tratto rettilineo ed uno strappo più ripido degli altri, lasciate a destra delle case, c'è una stretta curva a destra, dopo la quale la piccola asfaltata spiana e attraversa la parte alta del paese. Poco oltre (444 - 59,9) finisce l'asfalto e, diritta davanti a noi, inizia la lunga carrareccia con fondo artificiale accidentato che ci porterà in circa 11 km sul Pian di Serra ad oltre 1000 m di quota. Per seguire la strada giusta basta consultare la planimetria, dove come al solito sono riportate tutte le deviazioni. Si tenga comunque presente che quelle principali sono quattro: (704 - 63,4) si continua diritti (a destra); (760 - 64,7) proseguiamo a destra; (804 - 66,2) si va in salita a destra (a sinistra Chiaserna e Valdorbia) (rifugio e fonte); (873 - 68,0) seguiamo la maestra a sinistra in salita (a destra SS 3 e Ponte a Botte).
Dopo il valico (1027 - 70,8) inizia la lunga discesa verso la Valle del Sentino. Dall'abitato di Pezza (695 - 74,6) il fondo diviene asfaltato. Ci si immette sulla SS 360 a Ponte Calcara (556 - 76,3).
Ora non resta che puntare decisi verso destra (qui finisce la coincidenza con la Traversata T1). Dopo un chilometro siamo in vista del Cimitero di Scheggia (583 - 78,1), e se siete riusciti a concludere il tutto in giornata, complimenti!