Raggiunta in auto Val di Ranco a quota 1050 m (provinciale asfaltata di 8 km che sale dal paese di Sigillo), si inizia, seguendo il sentiero n. 1, attraverso vasti e ombrosi boschi di faggi plurisecolari. Particolarmente spettacolare è il bosco della valletta della Madre dei Faggi, dove un microclima ha fatto si che il bosco fosse più rigoglioso che altrove. La prima radura è all’Acqua Fredda, poi riprende il bosco d’alto fusto della Fida. L’andamento altimetrico è ondulato, tendente al pianeggiante.
Si lascia a destra il sentiero n. 17 (che porta al Passo Porraia) e si inizia a salire verso NW, sempre dentro boschi di faggio con rare macchie d’agrifoglio e di tasso (a destra parte il sentiero n. 16 che porta all’imbocco della spettacolare Voragine Boccanera, classico esempio di cavità carsica ipogenica). Dopo poca salita e ancora tanto bosco molto bello, ecco sulla sinistra del sentiero le pareti rocciose del Passo del Lupo (quota 1145 m), a volte usate come palestra d’arrampicata sportiva. Proprio di fronte a queste, dall’altra parte del sentiero, c’è un piccolo spazio pianeggiante privo di vegetazione oltre il quale le pareti del Cucco strapiombano per centinaia di metri sulla Forra di Rio Freddo: è questo un da dove è possibile avere una visione d’insieme della parte più aspra e selvaggia del Parco, chiusa fra il Monte Strega ad NE, il Monte Catria a N, il Monte Motette e il Monte Le Gronde a NW. Più lontano, oltre il primo orizzonte di cime, la vetta del Monte Nerone.
Oltre il Passo del Lupo il sentiero n. 1 è di nuovo pianeggiante o in leggera discesa. Poco dopo ecco aprirsi fra i grandi faggi l’ampio prato di Pian delle Macinare, a ridosso dell’omonimo rifugio. Qui si abbandona il n. 1 e si inizia a seguire il sentiero n. 2 che incomincia, sempre all’interno del bosco di faggio, a salire lungo l’erta Val Rachena. Al temine del bosco (quota 1375 m) c’è una biforcazione: a sinistra continua il n. 2 e l’itinerario proposto, a destra comincia il n. 15 ( interessante variante che si ricongiunge al n. 2 alla Valcella, dopo aver attraversato tutto il versante occidentale del Cucco, con belle visioni verso l’Umbria, il Lazio e la Toscana, toccando l’Acqua Ghiacciata e la Croce di Monte Cucco dove si trovano i più giganteschi esemplari di ammoniti del Grigio Ammonitico).
Proseguendo lungo il n. 2 si attraversano i prati del versante settentrionale del Cucco, in leggera salita. Poi si raggiunge, proprio in corrispondenza di una sella erbosa, il bivio con il n. 14 (che porta in pochi minuti alla vetta del Monte Cucco, a 1566 m di quota, per poi ricongiungersi con il n. 15 poco oltre la Croce di Monte Cucco). Da qui (quota 1475 m) il sentiero scende ripidamente sul versante orientale, fra balze rocciose intervallate da piccoli pendii erbosi a ridosso o sul bordo di grandi precipiti pareti strapiombanti (in caso di neve o ghiaccio occorre fare molta attenzione). Poco più sotto si raggiunge l’imbocco principale della Grotta di Monte Cucco (quota 1390 m), che si presenta come una grande bocca seguita da un’ampia voragine da cui sale una gelida corrente d’aria.
Oltre la Grotta il sentiero è facile e pianeggiante; attraversa prima la spoglia e scoscesa parete orientale del Cucco (in caso di neve o ghiaccio occorre fare attenzione e magari avere una piccozza) e poi il Boschetto, finito il quale il sentiero diventa carrareccia. Si scende ancora per raggiungere Pian di Monte e la provinciale che sale da Sigillo. Poco oltre si abbandona di nuovo l’asfaltata, piegando a sinistra accanto al Pozzarello e quindi calando giù di quota fino ad incontrare il sentiero n. 1. Poco dopo, a destra, c’è Val di Ranco.
Itinerario IV: alle sorgenti di Rio Freddo
Sentieri n. 10 – 3 ( 4 km; 2 ore) - E’ un giro relativamente breve ma molto spettacolare e vario: dai boschi di Val di Ranco, al panoramico Passo Cattivo, alla discesa lungo la solitaria Valle di San Pietro con il torrente che nasce e poi si ingrossa, rumoreggiando lungo una serie ininterrotta di cascatelle. E poi i ruderi dell’Eremo di S.Pietro Orticheto e la piccola radura accanto al torrente detta l’Orto dei Frati: tutte testimonianze della presenza benedettina e di una viabilità montana ora quasi scomparsa.
Da Val di Ranco si segue, fra le "villette", il sentiero n. 10, che ben presto raggiunge la sella erbosa fra il Culumeo e il Montarone. Ora si scende nel versante orientale, piegando verso NE. Il sentiero segnalato dapprima scende per poi risalire e attraversare la cresta che dal Culumeo si protende verso est. Oltre il sentiero è stretto e in alcuni punti attraversa delle piccole pareti rocciose. A quota 1004 m raggiunge, proprio in corrispondenza di un tornante, la mulattiera che sale da Rucce: occorre piegare a sinistra, in salita, sempre seguendo le segnalazioni. Poco dopo ecco Passo Cattivo davanti al quale si apre un notevole panorama sulla la Valle di S.Pietro e sulle grandi pareti orientali del M.Cucco.
Si lascia destra il n. 11 (che raggiunge in cresta Passo Porraia) per discendere lungo l’impluvio della valle. Poco sotto ecco le prime sorgenti di Rio Freddo che nascono al contatto fra il Calcare Maiolica (permeabile) e gli strati di selce (impermeabili). Man mano che si scende le sorgenti, grandi e piccole, aumentano di numero e di frequenza, e il torrente si ingrossa scorrendo garrulo fra boschetti e piccole praterie. Lasciato a sinistra il n. 10 bis (scorciatoia che conduce rapidamente e senza difficoltà a Val di Ranco), l’itinerario proposto prosegue lungo il fondo valle e accanto al torrente. Prima di entrare definitivamente nel bosco, al termine di una prateria più grande delle altre, sulla riva destra del Rio c’è una modesta sopraelevazione e qualche accenno di scavo: qui c’era una volta l’Eremo di S.Pietro Orticheto, benedettino. Proseguendo, si segue la valle che si fa sempre più incisa e boscosa, fino a raggiungere, nei pressi della Croce dei Fossi, il n.3, dove si prende a sinistra in salita. Da qui in poco tempo si può raggiungere Val di Ranco e il punto di partenza.
Itinerario V: la Grotta Ferrata
Sentieri n. 4 – 26 (1 km; 2 ore) - La Grotta Ferrata è una tipica cavità del territorio del Parco, grande e profonda a sufficienza, ma visitabile nella sua prima parte anche senza alcuna attrezzatura speciale (meglio portare delle torce elettriche). L’interesse è nella morfologia, tutta sviluppatasi lungo una faglia (frattura particolare delle rocce), e nella ricchezza delle mineralizzazioni e della fauna ipogea.
Si lascia l’auto presso il parcheggio di Pian delle Macinare, dopo aver risalito la comunale sterrata che sale da Costacciaro. Da qui si segue prima il n. 4 e quindi, poche centinaia di metri dopo, si piega a destra in discesa sul sentiero n. 26 che attraversa boschi di faggi e piccole radure dove a primavera fiorisce l’asfodelo. In 30 minuti si raggiunge l’imbocco della Grotta, che si presenta come un modesto portale naturale chiuso da un muro a secco su cui è stata lasciata un’apertura di modeste dimensioni (verosimilmente un tempo chiusa da una porta). All’interno filtra abbastanza luce da un’apertura superiore. Le mineralizzazioni si trovano sia nella galleria di destra che di sinistra. Su quella di destra, all’interno di una piccola nicchia, c’è un piccolo cono di microscopici cristalli violacei: è un minerale abbastanza raro, la fibroferrite, che si trova solo in questa grotta. Tutt’intorno ci sono incrostazioni di gesso, pirite, limonite, barite, fluorite, celestina. Più avanti la cavità sprofonda per più di 50 m in una grande voragine dove scorre perenne un piccolo corso d’acqua. La Grotta Ferrata è stata utilizzata per un breve periodo come miniera per minerali di ferro.
Itinerario VI: Valle delle Prigioni ed Eremo di S.Girolamo
Sentieri n. 5 – 4 (7 km; 6 ore) - Si snoda in una delle zone più spettacolari e alpine del Parco del Monte Cucco, toccando aspetti paesaggistici, geologici e storici di grande rilievo. La Valle delle Prigioni, ricca di acque perenni, è uno dei maggiori esempi di gola scavata per corrosione nei calcari della serie umbro marchigiana. Incassata fra pareti strapiombanti, modellate nel corso delle ere geologiche da forti azioni delle acque meteoriche. In essa si entra in intimo contatto con luoghi speciali come la Scarpa del Diavolo, suggestiva strozzatura sovrastata da un’immanente blocco di roccia che sembra sospeso quasi per miracolo, e la successione di cristalline e profonde pozze dove si riversano le acque purissime del torrente. Più in alto, oltre quota 1000 m, si cammina senza soluzione di continuità nei grandi boschi di faggio misti a maggio ciondolo alpino, dove ancora resistono dei grandi abeti bianchi, ultimi esemplari della vecchia copertura vegetale della zona che vedeva la loro convivenza con il faggio. Poi, quasi a conclusione dell’escursione, la visione appagante e straordinaria, d’insieme e nei particolari, dell’Eremo benedettino di S.Girolamo, che molti chiamano di Monte Cucco (forse il più bell’esempio di eremitaggio dell’intero Appennino). Accanto all’Eremo c’è un grande castagneto secolare, dei rari (per la zona del Parco) alberi di tiglio e, forse, dei piccoli esemplari di betulla. Quasi a fondo valle, con una piccola deviazione, merita una visita la Forra di Rio Freddo, spettacolare canyon che taglia profondamente i massicci strati calcarei del Lias Inferiore.
L’escursione inizia a Casa il Sasso, località posta poco sotto l’abitato di Pascelupo, in Comune di Scheggia (si può raggiungere anche in auto). Da qui si segue il sentiero n. 5 che risale la Valle delle Prigioni, dapprima in leggerissima pendenza e seguendo il tracciato di un acquedotto. Poi, oltre la presa della sorgente bassa, si inerpica, sempre più in pendenza, sul versante meridionale del Monte Motette. Si segue sempre il tracciato di un acquedotto che ad un certo punto, per superare uno sperone strapiombante di roccia, si infila in un tunnel lungo una cinquantina di metri: anche il sentiero si infila dentro la galleria artificiale. A quota 690 m viene raggiunta la sorgente principale del Rio delle Prigioni e si è fuori dal canyon. Si prosegue a sinistra in salita, ignorando a destra il sentiero n. 22 e raggiungendo in pochi passi i Trocchi del Cupo e quindi la carrareccia che porta alla Fravolosa. Qui l’itinerario prosegue a sinistra (a destra il n. 21 scende a Caprile) lungo la sterrata che porta all’Acqua Passera. Si è fra boschi di faggio e piante di maggio ciondolo alpino che a primavera inoltrata grondano di grappoli giallissimi. In estate compaiono anche i fiori giallastri dell’Iperico da cui si ricava un olio miracoloso per guarire molte fastidiose malattie (ustioni, emorroidi, reumatismi).
Prima di una salita più ripida delle altre, l’itinerario consigliato lascia la carrareccia e piega a sinistra in discesa e lungo una mulattiera (la "Via dei Frati"). Qui finisce il n. 5 e ci si innesta sul n. 4. Il nuovo sentiero si snoda in un bel bosco di faggi dal tronco slanciato, discendendo a tornanti. Qua e là alcuni grandi esemplari di abete bianco residuo delle vecchia copertura vegetale. Appena toccato il bosco di castagni ecco apparire l’Eremo e la strada che vi sale da fondo valle. Non resta che visitare il sacro luogo benedettino e poi proseguire verso valle per raggiungere di nuovo il punto di partenza, alla confluenza fra il Rio Freddo e il Rio delle Prigioni. La deviazione per la Forra di Rio Freddo è in corrispondenza dell’ultimo tornante ed è un sentiero molto ben marcato, segnalato con una freccia rossa e gialla.
Itinerario VII: giro del Monte Motette
Sentieri n. 7 – 6 ( 7 km; 5 ore) - Il Monte Motette (1331 m) è la terza cima del Parco dopo il Catria e il Cucco. L’itinerario che si propone mostra ampie visioni sia sulla Valle del Sentino e il Corno di Catria che sulle strapiombanti pareti della Valle delle Prigioni. Lungo il percorso si accavallano interessi geologici (presso Fonte S.Giglio c’è uno dei più interessanti "giacimenti" di ammoniti), faunistici e floristici. L’itinerario non presenta grandi dislivelli ed è percorribile in tutta tranquillità in ogni stagioni dell’anno. In primavera è particolarmente gradevole per la fioritura, varia e sgargiante; in autunno, con l’aria tersa, ilpaesaggio a 360° arriva fino ai rilievi della Toscana, del Lazio e dell’Abruzzo.
L’itinerario inizia a Pian di Rolla, al termine della strada che sale da Ponte Calcara (Scheggia) e Campitello. Qui si può parcheggiare l’auto; c’è anche una fonte perenne. Si inizia seguendo il sentiero n. 7, che per un tratto ripercorre la strada sterrata. Ma, dopo un centinaio di metri, si piega a destra lungo una nuova carrareccia che sale fra i prati. Nei primi chilometri il sentiero segue un tratturo di disboscamento e non ha variazioni altimetriche. Si susseguono spettacolari immagini sul Corno di Catria e le Gole sottostanti. Poi la carrareccia finisce e si prosegue in un sentiero ben tracciato, sempre all’interno del bosco. Dopo una cresta si arriva su ampi pendii erbosi in forte pendenza e si incomincia ad attraversare il versante NE del Motette. Sorpassata una piccola fonte con trocchi, il tracciato comincia a salire leggermente ed affiorano rocce marnose. Oltre un valico (Serra Piana) il sentiero discende sul sottostante n. 6, che deve essere seguito a destra in salita (a sinistra si scende al paese di Coldipeccio).
Il tracciato ora è più marcato e lo spettacolo sulla Valle delle Prigioni è davanti in tutta la sua grandezza. Si sale anche con tratti in ripida pendenza, per poi sfociare sugli ampi prati che precedono Fonte S.Giglio (Il Giardino, coltivato sino a qualche decina di anni fa). Oltre l’itinerario è quasi pianeggiante, sempre gratificante per lo spettacolo e la facilità di progressione. Dopo il bivio con il n. 22 (scende a sinistra fin nella Valle delle Prigioni) ecco di nuovo il punto d’inizio di Pian di Rolla.