Dalla prima pagina de "L’Osservatore Romano" del 30 Settembre – 1 Ottobre 1968
Esortazione del Santo Padre al Congresso Italiano di Speleologia
«Le forze segrete della natura portano più vividamente impresse le orme della potenza di Dio»
Questa mattina, lunedì, il Santo Padre ha ricevuto in speciale Udienza nella sala del Trono i partecipanti al X Congresso Italiano di Speleologia che si sta svolgendo in questi giorni presso l’Università Internazionale di Studi Sociali «Pro Deo», e nel corso della quale si sono svolte oltre sessanta relazioni scientifiche, da parte di 150 rappresentanti delle varie regioni d’Italia. Erano, inoltre, presenti i partecipanti all’Assemblea annuale dell’Associazione Speleologica Italiana, che ha trattato temi fondamentali sui problemi di geologia, biologia e tecnica sportiva, e per la prima volta la prova sperimentale di soccorso alpino a 70 metri di profondità.
A capo deI valoroso gruppo di studiosi erano il Presidente della Società Speleologica Italiana, Rev.mo Don Pietro Scotti, della Pia Società Salesiana di San Giovanni Bosco; l’organizzatore del Congresso, Dott. Giorgio Pasquini; il Prof. Trimber (Trimmer, N.d.R.), dell’Università di Vienna; e tredici speleologi, campioni olimpionici, che hanno raggiunto quota 1000 di profondità (i soci dello Speleo Club Roma che sono discesi nella Gouffre Berger, N.d.R.).
Ad inizio dell’Udienza, Don Scotti ha rivolto all’Augusto Pontefice un devoto indirizzo di omaggio a nome dei presenti. Egli pregava il Santo Padre di accogliere l’ossequio di coloro che ricercano le interiori bellezze e i misteri delle grotte elevando la mente al Creatore. Pochi anni or sono – proseguiva il Presidente – tre nostri soci ebbero la medaglia d’oro alla memoria, per aver soccorso compagni in pericolo, con atto di evangelica dedizione. Per tutti questi motivi, umani e religiosi, pensiamo che la Santità Vostra possa benedire le nostre attività che sono sane e che offrono alla gioventù obiettivi degni di uomini e di cristiani.
Subito dopo, il Santo Padre ha rivolto agli studiosi presenti il seguente Discorso, al termine del quale ha impartito la Benedizione Apostolica, intrattenendosi amabilmente con i dirigenti e gli studiosi, interessandosi vivamente alle loro imprese e rinnovando i sentimenti della propria stima insieme con fervidi voti augurali.
"Il Nostro saluto e la Nostra Benedizione a voi, studiosi, docenti, cultori di speleologia; a voi, avventurosi e arditi ricercatori sotterranei, che, in occasione del decimo Congresso Nazionale di Speleologia, avete manifestato il desiderio di attestarCi di presenza i sentimenti del vostro affetto, della vostra devozione. Ve ne siamo grati; e siamo lietissimi che la celebrazione romana del Congresso vi abbia portati qui, permettendoCi di conoscere più da vicino la vostra attività, scientifica e anche, diciamo così, sportiva. Ne siamo, inoltre, tanto più lieti perché, conoscendo com’essa si svolga su di un piano di costante serietà di impegno, di paziente ricerca, perfino di rischio audace e, in una parola, di assoluta probità umana, professionale e culturale, Noi desideriamo da parte nostra esprimervi ammirazione, plauso, compiacimento.
Le forti virtù, di cui date prova - la modestia che rifugge dai gesti clamorosi, la paziente metodicità degli studi, la seria preparazione alle spedizioni, il coraggio, la fratellanza e collaborazione, il sacrificio, l’autocontrollo, che esse richiedono - codeste virtù, diciamo, non possono che sbocciare pienamente su di un «humus» cristiano, postulano un animo non insensibile ai valori genuini del Vangelo, e sono dunque di piena cittadinanza nella Chiesa che, in tutti i secoli, ha goduto di chiamare a se gli uomini retti, umili, forti, coraggiosi, e di farne i «concittadini dei santi, i familiari della casa di Dio » (Eph. 2, 19).
Lasciate dunque che l’umile Vicario di Cristo vi esprima il Suo sincero incoraggiamento a proseguire nella via, stretta e difficile, che vi siete scelta; essa certamente vi ricompensa largamente di tutti i disagi con le grandi soddisfazioni che vi offre. Noi immaginiamo le difficoltà, a cui andate incontro: sia dal punto di vista scientifico degli studi, per la preparazione, l’acume, lo perseveranza, che essi richiedono, e specialmente per la gelosa parsimonia con cui la terra dispensa i segreti, che essa tiene chiusi in sè, nelle misteriose ramificazioni che si scavano sotto la sua superficie, a profondità talora abissali; ma immaginiamo altresì la gioia esaltante, incontenibile, incomparabile, che deve impossessarsi di voi, quando quelle oscure cavità, esplorate forse per la prima volta, si aprono alla vostra sete di conoscenza e di avventura, si dissuggellano con i loro segreti di natura, con i loro reperti fossili, le loro millenarie concrezioni, con i corsi d’acqua che le solcano, ora rapinosi e letali, ora calmi e solenni nei laghi tenebrosi che formano, offrendo alla luce delle vostre lampade come visioni irreali di sogni. In quegli istanti, come certo avrete provato più volte nel vostro spirito, voi trovate una prova irrefutabile, eloquente, solenne della maestà di Dio creatore, e non potrete non essere toccati da un profondo senso religioso, non, solo perché, in quegli istanti, sentite tutta la vostra piccolezza e fragilità, esposta al pericolo, ma anche perché le forze segrete della natura portano più vividamente impresse le orme della primigenia potenza di Dio, di cui parlano con voce non offuscata dal rumore e dagli orpelli dell’arido tecnicismo, che spesso predomina nella civiltà delle macchine. A contatto con la solennità grandiosa degli elementi, voi potete ripetere l’umile confessione di Giobbe: «Come può l’uomo aver ragione con Dio? Se volesse discutere con lui, non gli potrebbe rispondere… Egli trasporta i monti, ed essi non si accorgono di chi li rovescia nella sua via. Scuote la terra dal suo posto e le sue colonne traballano...» (Iob. 9, 2-6).
E un’eco particolare possono trovare in voi le parole divine, che ancora il libro di Giobbe riporta con splendida poesia: «Dov’eri quando io mettevo le basi alla terra? Dimmelo, se hai tanta scienza. Chi ne fissò le misure, se lo sai, o chi distese il regolo sopra di essa? Su che cosa furono poggiate le sue basi o chi ne pose la pietra angolare, mentre gioivano gli astri del mattino e giubilavano tutti i figli di Dio?» (ib. 88, 4-7).
Noi vi auguriamo che questo senso religioso vi accompagni sempre nelle vostre ricerche, vi sostenga nelle difficoltà, vi aiuti nel contenere le vostre vite su di una costante misura di rettitudine, di generosità, di fedeltà; e mentre vi assicuriamo la Nostra benevolenza, di cuore vi impartiamo la propiziatrice Apostolica Benedizione, che estendiamo ai vostri colleghi di studio e di ricerca, e a tutte le vostre dilette famiglie."
In questa occasione il Papa ha indicato in San benedetto da Norcia il protettore degli speleologi.
Sorridendo su alcuni passaggi un po' spassosi come la "storia" dei 13 olimpionici di speleologia (ci si riferisce ai 13 speleo dello SC Roma che nel 1966 hanno effettuato una discesa nella Gouffre Berger, a quei tempi la più profonda del mondo), non facendo alcuna valutazione sui contenuti religiosi dove ognuno può ritrovare se vuole la propria fede, ma tenendo in conto dell'esortazione solo gli aspetti umani e scientifici, il Papa disegna in modo fedele la speleologia di quei tempi, fortemente legata ad un'idea dell'esplorazione, sicuramente un po' eroica e romantica, ma anche e soprattutto strumento di ricerca scientifica naturalistica.
La tecnica è solo uno strumento; il fine è la conoscenza dei fenomeni naturali.
La collaborazione fra gruppi e istituti, l'azione sistematica che non tralascia alcun aspetto della conoscenza, sono la base della speleologia di quei tempi. Lo speleologo viene disegnato come un cavaliere senza macchia e paura, votato ad una grande causa verso la quale s'impegna anche al di sopra dei propri interessi personali.
Ora non so se l'attuale Pontefice, in un ipotetica nuova esortazione, potrebbe dire le stesse cose del nostro piccolo mondo delle grotte. In effetti che cosa è rimasto di quei tempi lontani? Fate un atto di coscienza, guardando bene dentro a voi, nel vostro gruppo, nella nostra realtà nazionale: potreste in tutta buona fede affermare che ora è come allora?
Forse si è nel meglio o forse si sguazza nel peggio; comunque c'è stato un cambiamento profondo. Credo che bisognerebbe ispirarsi di più a quei tempi passati senza tuttavia rinunciare alle grandi conquiste delle tecnica e dei materiali. (FS)